Il romano dopo l’impresa con Zverev sul centrale. “Il doppio con Fognini? Siamo diversi, farò io quello nervoso”

Guarda la gente, tantissima, sulle tribune del Centrale. Tutti in piedi a saltare e cantare il Po-po-po-po del Mondiale 2006, in Germania, non a caso. Matteo Berrettini, dopo il trionfo contro il tedesco e numero 4 del mondo Zverev, ha gli occhi che ridono e fa fatica a parlare: “Non ho più voce da quanto ho urlato. È la partita più importante della mia carriera, è il giocatore più forte che io abbia mai battuto”. Giocava in casa Matteo, 23enne romano de Roma e allenato da Vincenzo Santopadre al circolo Aniene. “Penso di aver giocato un gran match, ho gestito bene la tensione, sono riuscito a fare sempre quello che avevo in testa, al contrario dello scorso anno”. Allora proprio Zverev lo aveva fatto fuori in due set, sempre ai sedicesimi. Ed ecco servita la vendetta. “Sono stato sempre in partita, non mi sono mai fatto prendere dallo sconforto e sono riuscito a trovare la situazione di fronte a ogni problema. A ogni punto sentivo il boato della gente, avevo i brividi, ma volevo ad ogni costo continuare a vivere questa cosa. Ero teso, è ovvio, ma mi sentivo cattivo, mi sentivo pronto. Una vittoria così mi carica…”. Djokovic ha detto che Berrettini contro uno come Zverev non aveva nulla da perdere. Lui lo contraddice: “Io non sono entrato in campo con quest’idea, se avessi perso sarebbe stato molto peggio dello scorso anno, e già allora non l’avevo presa bene. Io l’ho vissuta alla pari, ero convinto di vincere”.

PIÙ FORTE  Il merito è soprattutto di una crescita tecnica e soprattutto psicologica: “Se ripenso a quello che ero un anno fa non posso non rendermi conto di quanto il lavoro e i sacrifici fatti abbiano pagato. Mi sento più forte. Di certo ho una maggiore consapevolezza dei miei mezzi, lo scorso anno ero un pizzico meno convinto e a certi livelli quel pezzettino può fare la differenza”. Si può dunque pensare in grande? “A Parigi ora non penso. La classifica? Un’occhiata la do sempre, ma non è il mio principale, non faccio conti, devo prima mettere fieno in cascina, ancora non sono completo e questo mi dà tantissimi stimoli”. C’è qualcuno sulla terra rossa che sente al di fuori della sua portata? “Io entro in campo sempre a testa alta. Certo, quel mancino spagnolo lo eviterei volentieri (ride, ndr), ma non entro in campo sconfitto con nessuno”. Poi sul doppio: “Fognini? Siamo due caratteri diversi, farò io il nervoso…”. FONTE:GAZZETTA.IT

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